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la determinata ricerca di giustizia di Marinella

Pubblichiamo, attraverso il suo racconto, la storia esemplare di Marinella, una amica che, oltre alla malattia, si è trovata a dover affrontare tante difficoltà, ma che con immutata dignità, ha superato tante prove, tutte molto difficili, insieme a suo marito, incredibile e fidato compagno di vita. 


Mi presento, mi chiamo Marinella Oberti, ho 62 anni, sono sposata, non ho figli, non per mia scelta, ma a causa della malattia di cui sono affetta, (MCS), abito in una valle in provincia di Bergamo.

Mi sono ammalata non ancora sedicenne, a 19 anni ho dovuto abbandonare il mondo del lavoro, dove mi ero affacciata all'età di 15, lavoravo in una camiceria, ed a causa dell'esposizione a sostanze che il mio organismo non riusciva a smaltire, ho

cominciato a stare male.

 

Da questo punto della mia vita è iniziato il mio calvario e la mia storia, nonostante mi sia sottoposta ad ogni tipo di accertamento, diagnosi e terapie, i medici non riuscivano a diagnosticarmi la malattia ed è anche per questo che la stessa si è evoluta in peggio a causa di continui accanimenti terapeutici sbagliati.

Nel contempo ho dovuto sottopormi a cure odontoiatriche, mi furono messe in bocca le prime otturazioni con amalgama, nel tempo mi hanno causato una intossicazione cronica da mercurio e metalli pesanti.

 

Ho fatto 31 anni di pellegrinaggi da uno specialista all'altro, non solo in Italia, ma mi sono rivolta anche oltre confine prima di arrivare alla causa dei miei mali. Sono stata tra la vita e la morte per ben 4 volte all'età di 16, 36, 39 e 44 anni, sono stata ripresa per i capelli, nonostante ancora non si sapesse quale fosse la mia malattia. Naturalmente, questi episodi hanno sempre portato un'aggravamento delle mie condizioni fisiche e sono stati spesso accompagnati da forti dimagrimenti fino a 35 kg in meno di sei mesi. 

 

Il percorso medico è durato 31 anni, fino a quando una mattina, una mia amica guardando casualmente una trasmissione televisiva ha associato la storia clinica di una ragazza alla mia, individuando una forte somiglianza tra le due storie e soprattutto gli stessi sintomi.

Finalmente dopo lunghissimi anni il 5 aprile 2005 è arrivata la prima (di una lunga serie) diagnosi di Sensibilità Chimica Multipla, meglio conosciuta con l'acronimo di MCS.


Una situazione dolce – amara poiché, se da una parte ero contenta di conoscere la malattia di cui soffrivo; dall'altra ero disperata; perché diventavo consapevole del fatto che da quel momento la mia vita sociale sarebbe divenuta inesistente, infatti, avrei vissuto una vita di isolamento non solo dalla gente, ma quello che mi faceva soffrire di più, dalle persone a me care a cui non potevo nemmeno più dare o ricevere un abbraccio.

 

Con mio rammarico e stupore avevo anche scoperto che la malattia di cui sono affetta non è riconosciuta dal sistema sanitario nazionale, di conseguenza su tutto il territorio nazionale non c’era una struttura ospedaliera o di pronto soccorso in grado di accogliermi in caso di necessità, pertanto le cure a cui mi sono sottoposta le ho ricevute fuori dai confini nazionali e per i primi periodi li ho dovuti pagare. 

 

Nel 1993 mi fu riconosciuta una piccola invalidità, ma non sapendo come qualificare la mia malattia, mi fu concessa per allergie gravi, l'invalidità era di un terzo, questo comportava non un aiuto economico di cui avrei avuto tanto bisogno, ma sarei stata posta in determinate liste lavorative c.d. protette e quindi, avrei potuto trovare lavoro prima di altri, cosa che successe, mi fu proposto un lavoro, ma con mio dispiacere dovetti rifiutare perché non ero in grado di lavorare.

Solo all'età di 47 anni, mi è stata riconosciuta la malattia MCS e quindi mi veniva concessa l'invalidità al 100%, con la legge 104, art.3 comma 3.

 

Molte battaglie legali ho dovuto intraprendere con la Asl, per farmi riconoscere la malattia di cui sono affetta per accedere alle cure di cui necessitavo, ma non è stato affatto facile, vi spiego cosa è successo. La Asl nel 2005 ha riconosciuto che ero affetta da MCS, chiedendomi una visita di revisione entro l'anno successivo, nel 2006 (come se questa potesse sparire facilmente) mi hanno chiamato a revisione e mi fu comunicato che non ero più affetta da MCS, ma da disturbi di personalità, somatizzazione (praticamente ero diventata pazza), però lasciando invariato il punteggio e la 104.

 

Ciò comportava, la possibilità per mio marito di continuare a chiedere i permessi per assistermi, ma non potevo più chiedere i rimborsi per le cure della malattia alľ estero.

Ricevuto il verbale e volendo puntualizzare il fatto che non era una questione di somatizzazione ma di malattia lo impugno e nel 2010 la Corte di Appello di Brescia, mi dava ragione riconoscendo che la mia era una malattia fisica e non mentale, come già accertato nel 2005 dalla Asl e condannando la stessa al pagamento delle spese legali dei due gradi di giudizio e della CTU. 

 

Nel 2011, dopo aver presentato il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica in cui spiegavo la mia situazione clinica ed il bisogno di accedere a delle cure molto costose, che non potevo permettermi, l'allora Presidente Giorgio Napolitano, con decreto presidenziale del 22 marzo, mi certificava che la malattia di cui ero affetta era la MCS, e non disturbo di personalità e somatizzazione, mi sanciva il diritto alle cure alľ estero considerato che in Italia non esiste nessun ospedale per curare la malattia.

 

Per arrivare a questo risultato ho prodotto molta documentazione scientifica delľ esistenza della MCS, documentazione che è andata a contrastare quanto affermato da tre grandi professori del centro di riferimento regionale, che alla mia richiesta di cure alľ estero risposero con un diniego (a cui ne fecero seguito molti altri).

 

Le battaglie legali sono durate 11 anni, sono passata per tutti I tribunali e per tutti i gradi di giudizio fino ad arrivare alla Suprema Corte di Cassazione.

 

Nel frattempo, giusto per non farmi mancare nulla, ho incominciato ad avere dei problemi condominiali, premetto che non ero proprietaria di casa nel condominio in cui vivevo, ma affittuaria.
Il condominio decideva di effettuare dei lavori molto importanti,  che avrebbero messo in serio pericolo la mia vita.  Saputo della delibera mi ero opposta a ciò, e grazie all'interessamento dell'ex sindaco Avvocato Roberto Bruni riuscii a far sospendere detti lavori.

 

Una volta conosciuti i miei problemi di salute, tramite ľ amministratore chiesi ai condomini determinati comportamenti quali la sospensione delle disinfestazioni, o l'uso di detersivi appositi per MCS, l'apertura continuativa di finestre nel vano scala, il non uso di profumo per ambiente e altro, il tutto per preservare la mia salute, invero queste richieste crearono una frattura nei rapporti con gli altri condomini, tanto che fecero pressioni sul proprietario e successivamente arrivò lo sfratto esecutivo.

 

Come se non bastasse i condomini cominciarono a farmi dei dispetti, uno fra i tanti che hanno avuto come conseguenza la chiamata e l'intervento della polizia anticrimine, avevano spruzzato abbondantemente il deodorante nella tromba delle

scale, per me molto deleterio, il fatto avvenne nel primo pomeriggio e ancora a mezzanotte si sentiva, la polizia verificato questo fatto, mi consigliò di fare un esposto e solo da questo momento cessarono le condotte vessatorie nei miei confronti. In Questura furono chiamati ľ amministratore e i condomini che si presero una bella strigliata.

 

Dopo lo sfratto riuscii a trovare un'abitazione a Bergamo Alta in un b&b, il comune di Bergamo deliberò per la durata di un anno, un contributo straordinario a mio favore, stante la particolarità della mia malattia, per consentirmi di ottemperare al canone di locazione (molto alto) oltre le utenze, ed io contribuivo con la somma che pagavo nel mio vecchio appartamento.

 

Tale contributo da parte del comune fu interrotto senza alcun avviso, né al proprietario dell'immobile né alla sottoscritta, lasciandomi nella disperazione più assoluta e con la costante paura di finire in mezzo alla strada.

 

Il proprietario non ricevendo il canone di locazione, decise di interrompere l'erogazione di gas ed energia elettrica, lasciandomi senza luce e al freddo per tre anni, nonostante fosse a conoscenza del fatto che dovevo usare un depuratore ambientale specifico per MCS indispensabile per ridurre le sostanze chimiche nell'ambiente in cui vivevo, come conseguenza di questo ulteriore episodio, ebbi un aggravamento del mio stato di salute. Voglio precisare che oltre all'interruzione di luce e gas gli ultimi 8 mesi della mia permanenza in quell'appartamento mi fu tolta anche l'acqua, fortunatamente a 10 metri da casa c'era una fontanella, dalla quale si prelevava l'acqua e la si portava in casa. 

A causa dell'interruzione del contributo da parte del comune di Bergamo il proprietario nel 2014 ha dato luogo ad un procedimento di sfratto senza titolo (praticamente ero diventata un'abusiva e non avevo più nessun diritto di abitare in quella casa) ed ho vissuto nell'appartamento fino al 19 ottobre 2016. Dalľ inizio della causa di sfratto ho vissuto nel terrore perché essendo invalida mi volevano ricoverare in una RSA o in ospedale per farmi lasciare la casa.

 

Il 28 luglio 2016 il giudice emise un'ordinanza di sfratto esecutivo nei confronti di mio marito che è il mio unico sostegno ed il mio unico aiuto quando sto male, l'unica persona che può e sa come soccorrermi durante le crisi di MCS.

Il giudice che trattò la causa di sfratto nei confronti di mio marito, deliberò nel seguente modo: egli poteva, non avendo alcun tipo di problema di salute, andare a vivere dove voleva, negandogli il permesso di entrare in casa per farmi visita, per assistermi in caso di bisogno né tanto meno per ritirare i suoi effetti personali.

Sempre per ordine del giudice i carabinieri erano costretti a vigilare che lui non entrasse in alcun modo in casa e se avesse violato tale obbligo sarebbe stato arrestato.

 

Rimasta sola, mio marito mi calava i secchi d'acqua che prendeva dalla fontanella, la spesa e tutto quello di cui necessitavo dalla recinzione delľ abitazione con una corda.

 

Il 19 ottobre 2016 anche io vengo sfrattata in barba alle leggi che tutelano la salute ed il diritto alla casa. Ciliegina sulla torta dopo solo due mesi che vivevo in automobile, il giorno di Natale improvvisamente venne a mancare mio papà. Tre settimane dopo ľ ha seguito mio suocero.
Mio marito a causa della mia malattia, per non lasciarmi sola, erano 17 anni che non vedeva suo padre. Non rientrò nel suo paese di origine nemmeno per dargli ľ ultimo saluto. Temeva per la mia vita e preferì rimanere con me, nonostante amici e parenti lo avessero rassicurato dicendo che avrebbero pensato loro a me. Un nuovo dolore aveva colpito entrambi, un vero strazio.

 

Ho vissuto per 22 mesi in automobile con mio marito che aveva lasciato tutto per assistermi, con l'ulteriore preoccupazione che potesse perdere il posto di lavoro, ma l'amore che ci univa era molto più forte di qualsiasi questione economica, il suo datore di lavoro capendo la situazione in cui eravamo gli ha sempre garantito il posto di lavoro dicendogli che il suo posto lo avrebbe sempre trovato.

 

Nella totale disperazione e volendo far conoscere la mia situazione a quante più persone possibili, feci creare un sito internet per avviare una raccolta fondi, la gente commossa dalla mia situazione iniziò a farmi avere dei contributi che mi permisero di vivere e di riacquistare fiducia nelle persone, inoltre, grazie ad un cospicuo contributo da parte di una persona molto importante che abitava vicino a me, riuscii a dare un anticipo per acquistare la casa in cui vivo, e per il restante costo ottenni un mutuo. 

 

Ricordo ancora con commozione il giorno in cui chiesi aiuto, mettendo tutto il mio orgoglio da parte, infilando la lettera di richiesta nella cassetta postale del mio benefattore.

Anche se con ritardo rispetto agli obbiettivi che mi ero prefissata dopo 13 anni, sono finalmente riuscita a raggiungerli ed il 13 agosto 2018 altra data importante nella mia vita finalmente sono entrata a casa mia.

 

In questi 13 anni mi sono molto esposta, la stampa e la tivù locale si è interessata al mio caso sostenendomi e a ogni mia richiesta quando ero in difficoltà mi faceva articoli e servizi. Anche la RAI in due occasioni si è occupata del mio caso.

Ho indirizzato le mie missive al Capo dello Stato, al Papa, al Ministero della salute, alla Regione Lombardia, alla Prefettura, alla Questura, al Comune e alla Curia di Bergamo. Ad ogni cambio di guardia ero sempre pronta a riscrivere a tutti per tener viva ľ attenzione sul mio caso.

 

Seguivo tutte le mie pratiche per accertarmi che non sarebbero finite dimenticate in qualche cassetto. Una stanza della mia casa era diventata il mio ufficio. Come avrete notato la mia storia è costellata di dolori e bocconi amari, mai mi sono arresa e mai lo farò, anche con i dolori più atroci dovuti alla malattia di cui purtroppo sono affetta e tenendomi una mano sulle parti doloranti del corpo e con l’altra la biro perché essendo fortemente elettrosensibile non potevo utilizzare ne il cellulare ne il PC, tutto quello che ho scritto è stato redatto a mano, con i dolori più allucinanti.

 

Ho gridato al mondo che non era giusto, ho cercato giustizia ed alla fine finalmente ci sono riuscita.

Il prossimo 8 marzo sono 47 anni che la MCS mi tiene compagnia e ogni giorno è una dura lotta per la mia sopravvivenza, ma è la battaglia della mia vita, continuerò a lottare finché avrò vita.

 

Marinella Oberti.



alcune interviste a Marinella e suo marito