Sensibilità Chimica Multipla: intervista alla dottoressa Maria Grazia Bruccheri


SCIENZA e CONOSCENZA Gruppo Editoriale Macro

Rivista trimestrale di Scienza Indipendenza ottobre, novembre dicembre n- 62 , pag. 97.

Sensibilità Chimica Multipla: avvelenati da una goccia di profumo

 

La MCS è una patologia ambientale sempre più diffusa e invalidante, anche se di diffcile diagnosi: intervista alla Dottoressa Maria Grazia Bruccheri.

 

Immaginate che il vostro profumo preferito, quello che siete abituati da anni a mettere sulla pelle e che è diventato il custode di tanti ricordi di vita, diventi a un tratto il vostro peggior nemico: respirare l’amata fragranza scatena mal di testa, nausea, vomito, spasmi e dolori articolari tanto che non riuscite neppure a uscire dalla stanza e ad allontanarvi dalla sorgente odorosa che ha scatenato lo shock. Questo è ciò che accade ai pazienti affetti da Sensibilità Chimica Multipla, una patologia misconosciuta che colpisce dal 3 al 9 per cento della popolazione, con effetti invalidanti sulla salute e la vite dei malati. Per capire meglio di cosa si

tratta ne abbiamo parlato con la dottoressa Maria Grazia Bruccheri, genetista esperta in MCS.

Che cos’è la Sensibilità Chimica Multipla e quali sono i dati di incidenza di questa patologia nel nostro Paese?

La Sensibilità Chimica Multipla (MCS) è una patologia nota ormai da decenni a livello internazionale, in Italia se ne parla ormai da un decennio. È una condizione molto seria e ambientale.

Questi soggetti hanno una maggiore predisposizione genetica a formare radicali liberi e hanno un’incapacità genetica a smantellarli.

Si tratta di una sindrome multisistemica, determinata sia da fattori genetici predisponenti che da fattori ambientali: le persone affette da MCS presentano alterazioni strutturali (polimorfismi) in diversi geni coinvolti nel metabolismo delle sostanze xenobiotiche (senza entrare nel dettaglio scientifico, non è questa la sede) che determinano alterazioni metaboliche responsabili di accumulo di sostanze tossiche e radicali liberi con conseguente intossicazione acuta, cronica e stress ossidativo. È pertanto evidente che le persone affette da MCS sono incapaci di eliminare le sostanze tossiche e i radicali liberi. Un eccesso di radicali liberi porta a infiammazioni croniche e stress ossidativo, con tutto ciò che ne deriva, ovvero infiammazioni in più organi e apparati. È una patologia cronica, e se non trattata evolve nel modo più infausto. Nonostante ci siano queste predisposizioni genetiche, la

MCS è una patologia ambientale in quanto è scatenata dal fatto che la persona vive o lavora in un contesto ambientale fortemente inquinato: le predisposizioni genetiche da sole non scatenerebbero la patologia. Nella storia di questi pazienti (alla anamnesi) riscontro raramente un episodio di intossicazione acuta, un avvelenamento, generalmente si stratta di esposizioni croniche di piccolissime dosi di sostanze chimiche, penso ad esempio alla candeggina (non stupisce il fatto che molti pazienti sono casalinghe o lavoratrici nell’ambito delle pulizie). La maggior parte dei pazienti è costituito da donne e il rapporto uomo/donna in questa patologia è di 1 a 9: anche per questa prevalenza c’è una spiegazione molecolare legata al metabolismo (gli estrogeni inibisco ulteriormente l’attività di taluni enzimi fondamentali per i processi di detossificazione). Anche l’esposizione cronica di piccolissime dosi di sostanze chimiche di varia natura può, quindi, determinare un accumulo tossico e il manifestarsi della malattia intorno ai 20, 30 o 40 anni, tuttavia riscontriamo sempre più spesso casi anche in ambito pediatrico: tutto dipende dalla concentrazione esterna di sostanze tossiche, dal metabolismo basale e dalle condizioni in cui i genitori hanno vissuto prima del concepimento.

La cosa più interessante emersa negli ultimi studi è che l’ambiente risulta essere molto più incisivo dell’aspetto genetico costituzionale, in quanto l’ambiente riesce a bloccare l’espressione del DNA: è quello che si chiama epigenetica ed è quello che cerchiamo di studiare negli ultimi anni. Il danno più grave che l’ambiente fa in questi pazienti non è tanto l’effetto tossico, quanto l’inibizione dell’espressione del DNA, con ulteriore peggioramento del quadro genetico iniziale che può portare alla totale incapacità, da parte del soggetto, di smaltire le sostanze estranee. In questi casi si possono avere reazioni per qualunque cosa, fossero anche quegli alimenti che fino a poco tempo prima erano bel tollerati. Riguardo alla statistica di incidenza, in Italia non c’è un dato unico, ci sono dati diversi raccolti da diverse associazioni, ma siamo in mancanza di un registro nazionale dei pazienti. Per quel che riguarda la letteratura internazionale, da questa sappiamo che la prevalenza della patologia nella popolazione oscilla dal 3 al 9 per cento. Teniamo presente che siamo di fronte a una prevalenza davvero molto alta nella popolazione, maggiore anche a quella del diabete. È

una malattia molto diffusa e non una malattia rara, come era stata inizialmente classificata: è rara la diagnosi perché non si conosce. Molti colleghi ignorano la sua esistenza perché inizialmente è stata etichettata come patologia psicosomatica, poi mai approfondita e discriminata, senza alcuna attenzione per gli articoli scientifici nazionali e internazionali pubblicati, specialmente negli ultimi 7 anni. Ma si tratta di una patologia molto complessa: ripeto, su base genetica ma soprattutto su base ambientale e quindi epigenetica.

Lei come è arrivata a occuparsi della Sensibilità Chimica Multipla, come l’ha incontrata sul suo percorso di medico?

Il mio incontro con l’MCS è stato casuale: mi ero specializzata da poco e lavoravo per un Istituto. Un giorno il mio direttore mi chiamò e mi disse che da quel momento mi sarei dovuta occupare di una sua paziente alla quale lui non riusciva a dare più alcun tipo di aiuto. Mi presentò una donna che disse di essere affetta da MCS, una patologia di cui non avevo mai sentito parlare. La cosa mi sembrò subito un po’ strana anche perché la signora indossava una mascherina e aveva un po’ di confusione mentale mentre mi raccontava. La ascoltai attentamente perché nella sua storia c’erano dei segni evidenti sia di intossicazione professionale cronica – la donna era una serigrafa – che di intossicazioni acute da varie sostanze. Proseguendo nell’anamnesi riscontrai che la signora aveva anche avuto una vera e propria intossicazione da piombo: lì trovai le prime conferme. Salutai la signora con molto scetticismo e da lì iniziai a studiare, a cercare qualcosa che mi potesse aiutare: questo accadeva prima del 2010 quando ancora la letteratura scientifica sulla MCS era scarsa e contraddittoria. Non trovai grossi riscontri per cui il mio scetticismo aumentò: io venivo dalla genetica medica e avevo delle idee abbastanza sicure e concrete della medicina. Ho dovuto affrontare una situazione ambigua in cui avevo una paziente con un forte disagio, grande malessere e una situazione clinica evidente e palese, ma con zero obiettività a livello di indagini strumentali perché era tutto nella norma, dall’emocromo alle immagini strumentali. La paziente continuava a lamentare dispnea [difficoltà respiratoria; N.d.R.], confusione mentale e io non sapevo più che fare. Siccome la paziente aveva avuto problemi con i farmaci pensai alla farmacogenetica, alla farmacogenomica e da lì cominciai a studiare il metabolismo dei metalli e i metabolismi in generale: correlai molti sintomi e disturbi su base metabolica e in effetti da lì a breve tempo uscirono degli articoli che confermavano le mie intuizioni. A quel punto iniziai a collaborare con gruppi di ricerca a Messina e a Roma, confrontandomi con altri ricercatori che studiavano questa patologia.

Come avviene la diagnosi e quali sono a oggi i trattamenti possibili?

Quello che si sa e si scopre sull’MCS avviene anche grazie alla collaborazione e al confronto continuo con i pazienti: purtroppo non esistono dei protocolli internazionali di diagnosi e di terapia. Per quel che riguarda i protocolli terapeutici non c’è un protocollo unico, così come non ci sono un farmaco o un marcatore di patologia. Per quel che riguarda la diagnosi, sono sempre percorsi individuali: non troverà mai un paziente affetto da Sensibilità Chimica Multipla con sintomatologia uguale a un altro paziente. Ci sono aspetti generici comuni, ma la sintomatologia è sempre personale e anche il modo di trattarla è individuale, in quando il metabolismo e veramente complesso e dipende da milioni e milioni di geni alterati su base genetica ed epigenetica. Tutti quelli che noi definiamo esami di routine (esami del sangue, ecografie ecc.), soprattutto nella fase iniziale della patologia, non danno alcun tipo di risultato e sono perfettamente normali. Quello che va ricercato e studiato in questi pazienti è lo stress, inteso come stress ossidativo, e formazione di radicali liberi: a questo possiamo associare lo studio della farmacocinetica e da qui possiamo partire per avere i primi dati che riescono a oggettivare la presenza di un danno funzionale in questi pazienti.

Questi pazienti sono inoltre accomunati da delle carenze: di vitamina D – si riscontra pressoché nel 99% dei pazienti – vitamine E, C, B. Da un lato abbiamo quindi una situazione che porta a un eccesso di sostanze tossiche nel corpo – basta fare un mineralogramma del capello per riscontrare l’eccesso di metalli pesanti – e parallelamente riscontriamo in tutti questi pazienti carenze importanti di oligoelementi, ovvero di metalli buoni, utili alla nostra biochimica (magnesio, cromo, manganese), e carenze di aminoacidi: tutto questo altera il metabolismo e porta a una sintomatologia sindromica.

A livello di sintomi non abbiamo solo la sintomatologia respiratoria, che in ogni caso non ha nulla a che vedere con le allergie. In questo senso il termine Sensibilità è molto fuorviante, a mio parere, perché ci fa pensare a un’allergia: una persona con MCS può anche avere allergie a farmaci e alimenti, ma si tratta di una co-morbilità in quanto, come abbiamo detto, l’MCS è un problema metabolico,l’organismo non ce la fa a smaltire quella determinata sostanza e tende ad accumulare metaboliti tossici.

La MCS è una sindrome, questo significa che la patologia colpisce più organi e apparati, dovuta a una base, una predisposizione, genetica. L’MCS colpisce qualunque organo e qualunque apparato: classicamente la persona con questa patologia ha, al primo contatto con la sostanza che non tollera, un disturbo respiratorio – la dispnea o fame d’aria – seguito da un dolore al petto e una tachicardia, in quanto scatta un meccanismo di allerta del sistema nervoso autonomo. Si ha confusione mentale e la persona non riesce ad agire, è come bloccata e non è neppure in grado di spostarsi dall’ambiente in cui sta male. Si possono poi avere disturbi intestinali importanti: crampi, nausea, vomito, diarrea, stipsi. Abbiamo anche segni di stanchezza cronica, vescica neurologica, stanchezza muscolare, rigidità, crampi, perdita di memoria a breve termine, alterazione del tono dell’umore. La sintomatologia è infinita…

Spesso alla prima visita i pazienti arrivano con faldoni zeppi non solo delle indagini diagnostiche fatte, ma anche di minuziosi diari in cui hanno annotato i sintomi giornalieri. Inoltre ci sono dei sistemi, a livello di sistema nervoso centrale, che sono alterati: si creano delle memorie e questi pazienti possono essere soggetti a meccanismi di fobie e paure per cui ogni volta che sentiranno una particolare sostanza potranno avere delle reazioni di fuga, delle risposte di tipo adrenergico che simulano quello che può sembrare un attacco di panico. Questa componente ha spesso portato seri dubbi e incomprensioni da parte dei medici: a lungo questi pazienti sono stati etichettati come psicosomatici o addirittura psichiatrici, ipotesi avvalorata anche dal fatto che gli esami strumentali non davano riscontri oggettivi di patologia. Ci tengo a insistere che non si tratta di un disturbo di tipo psichiatrico o psicosomatico, infatti io spesso consiglio ai miei pazienti di fare delle valutazioni neuropsichiatriche proprio per dimostrare che non c’è alcun tipo di problema in questo senso. Raramente si può innescare una depressione, e quando compare siamo nella fase avanzata della malattia e come conseguenza di essa: si deve pensare che nei casi più gravi queste persone non riescono ad alimentarsi, perdono il lavoro e spesso anche la famiglia, perché non vengono capite e comprese. Tra l’altro diversi studi di neuroimaging hanno dimostrato come

in questi pazienti vi siano alterazioni funzionali di importanti nuclei cerebrali (putamen, amigdala, ippocampo) a dimostrazione di danno cerebrale funzionale (tossico e metabolico).

Ci sono centri di cura specializzati per la MCS in Italia?

Negli anni alcune regioni si sono attivate per il riconoscimento della patologia, come la regione Lazio, ma ci sono stati anche dei dietro front. Certamente ci troviamo di fronte a una patologia scomoda, sia dal punto di vista politico che farmacologico ci sono in gioco degli interessi importanti. Fino a qualche anno fa non c’era letteratura scientifica sufficiente: oggi gli studi e i dati ci sono per cui è impensabile che delle commissioni scientifiche si riuniscano e dicano che questa patologia non esiste. Ci sono centri di terapia internazionali molto importanti, pensiamo al Canada, agli USA, Londra, la Spagna. Quello che bisogna fare per affrontare al meglio la MCS è accettare la nuova letteratura, pensare a una medicina di tipo molecolare – ovvero basata sulle molecole – e a una medicina personalizzata e studiata ad hoc per il singolo paziente e per quel particolare tipo di metabolismo, considerando la genetica e l’epigenetica di quella persona. Dobbiamo anche pensare che per questi malati è fondamentale la bonifica dell’ambiente, sia esterno che interno: se il paziente è intossicato da metalli pesanti va disintossicato con terapie idonee. Dobbiamo immaginare che per un paziente MCS è impensabile recarsi in un normale pronto soccorso, si tratta di un ambiente assolutamente inadatto, così come non possono essere visitato da un infermiere o medico che indossi un profumo, o da un uomo che ha messo un dopo barba perché quel dopo barba può provocare un’immediata reazione neurotossica grave: una lacca, uno shampoo, un detersivo, un ammorbidente può dare reazioni gravissime. L’MCS colpisce qualunque organo e qualunque apparato classicamente la persona con questa patologia ha, al primo contatto con la sostanza che non tollera, un disturbo respiratorio. Nel nostro Paese diverse aziende ospedaliere e centri si stanno attualmente interessando alla MCS per cui le prospettive per il futuro sembrano essere buone: i tempi sono lunghi perché queste persone hanno bisogno di percorsi preferenziali e di ambienti bonificati che possano accoglierle, secondo criteri di ospedalizzazione internazionali. Quello che a mio avviso manca nel nostro Paese è un interesse politico verso la MCS, che rimane una patologia di cui non ci si vuole occupare, anche se i numeri parlano di un’incidenza sulla popolazione che sta diventando allarmante. Si potrebbe ad esempio fare uno screening della popolazione su base genetica e individuare le persone a rischio: facendo prevenzione primaria si ridurrebbero notevolmente anche i costi di morbilità. La MCS determina stress cronico e quindi infiammazione cronica, condizione che può evolvere verso patologie degenerative (leucemie, linfomi), neurodegenerative (parkinsonismi, demenza) e cachessia. Il mio augurio alla nostra società è quello di prendere in considerazione questa patologia, perché le persone affette non sono altro che “sentinelle ambientali: come le coccinelle o le lucciole scoprono ed evidenziano le abitudini insalubri che lo stile di vita consumistico ci impone" ( cito da un testo creato dal comitato Oltre la MCS) e l’ inquinamento ambientale a cui tutti noi siamo costantemente sottoposti, senza alcuna avvisaglia.

Riflettiamo, possiamo ancora recuperare!

 

 

Maria Grazia Bruccheri

Medico Chirurgo, Specialista in Genetica Medica.

Ha conseguito il Master Universitario di II livello in Genetica Medica “Clinical Genetics: Multiple Congenital Anomalies" presso l’Università Degli studi di Siena; e il Master Universitario di II livello in Genetica Forense all’Università Degli studi di Tor Vergata di Roma